Noi indignados di tutta Europa il 15 ottobre dobbiamo riempire le piazze. Dobbiamo farlo a partire dalla piattaforma che tante e tanti giovani castigliani, catalani, baschi e galiziani hanno elaborato. Dobbiamo farlo perché è in corso “un colpo di Stato neoliberista” posto in essere non solo da banchieri e boiardi, ma anche da una classe politica corriva alle multinazionali e ai potentati finanziari. Questa classe politica in Italia ha rinunciato alla programmazione economica ma, persino, al ruolo di controllo della Repubblica – costituita dagli enti del governo locale, dallo Stato e dalla società civile – sulla produzione di beni e servizi e sul credito. Un sistema politico che ha sottratto ai Parlamenti il ruolo di legislatori e che non ha mai consegnato un effettivo potere normativo al Parlamento europeo. Una classe politica fallita e parassitaria a livello continentale che continua a scaricare la crisi su chi ha valorizzato o valorizza i capitali altrui. Il genio ebraico libertario di Karl Polanyi avrebbe stigmatizzato “l’ostinata e veemente insistenza degli economisti liberali nei loro errori”. Per questa ragione la piattaforma e le proposte contenuti in ¡Democracia real ya! rappresentano un punto d'avvio per porre in essere un'autentica alternativa politica al modello neo-liberista: rafforzare e allargare a nuovi soggetti lo stato sociale e riavviare le democrazie rappresentative e parlamentari, oramai sospese. Le proposte nella loro semplicità rivoluzionaria mirano a ridare vitalità a poteri fondamentali per le democrazie costituzionali contemporanee: il potere legislativo e gli istituti di democrazia diretta. Il mese di agosto ha definitivamente svelato come sia in atto un vero e proprio commissariamento sulle scelte fondanti della sovranità, basti pensare all’allocazione delle risorse pubbliche e, soprattutto, al sistema del reperimento delle medesime da parte dello Stato e degli enti territoriali. Mai come ora si inverano le parole di Carl Schmitt per cui è sovrano chi decide sullo Stato d’eccezione, come succede in Belgio che ha da un anno e mezzo un Governo privo di legittimazione parlamentare o in Grecia in cui per far passare i tagli si proclama il coprifuoco. L’Italia si colloca tra i Paesi nei quali la democrazia parlamentare è cancellata. Tremonti, Calderoli, Sacconi con la manleva di Napolitano hanno prodotto una manovra economica costituente. Il Governo ha scelto di sostituirsi completamente al Parlamento imponendo per decreto legge e con la fiducia un testo che fa strame del contratto nazionale di lavoro, dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, dell’autonomia di Comuni, Province e Regioni, del principio di progressività del fisco. Mai si era visto un florilegio di norme manifestamente contrarie allo spirito e alla lettera della Costituzione, soprattutto mai si era visto un atteggiamento tanto manifestamente offensivo nei confronti delle prerogative del Parlamento. Il pensiero berlusconiano-qualunquista circa l’inutilità della politica e degli organi rappresentativi trova una plastica rappresentazione nel voto del Senato. Nel costruire la giornata di mobilitazione continentale del 15 ottobre dobbiamo allora sviluppare anche la proposta specifica che le nostre compagne e i nostri compagni indignados fanno sul rilancio della democrazia costituzionale. Possiamo contrapporre alla pessima politica personalistica una buona politica fondata sulla difesa del potere delle assemblee legislative nazionali e regionali contro lo stra-potere di troppi feudatari (Sindaci, Presidenti di Giunte o Presidenti del Consiglio)? Possiamo contrapporre al pessimo uso di soldi pubblici in indennità, consulenze e i consigli d’amministrazione una buona politica fondata sulla rappresentanza democratica elettiva e il diritto di voto per i nativi e i migranti? Possiamo ridare forza alla Repubblica italiana fondata sulla resistenza riportando al Parlamento il potere di nominare e sostituire i governi? Possiamo dare ancora un significato alle elezioni con la parola d’ordine “una testa un voto” cioè con una legge elettorale proporzionale che rappresenti i soggetti sociali e le differenti culture politiche invece delle consorterie e delle corporazioni? Possiamo infine riavvicinare alla politica tante persone oggi sfiduciate con bilanci partecipati, proposte di legge e di delibera d’iniziativa popolare, referendum consultivi e strutture di decentramento democratico? E sul livello continentale possiamo invocare una fase costituente dal basso dell’Unione europea. Una vera e propria rifondazione dell’UE a partire dal suo principale capestro: la Banca centrale. Costruendo l’alternativa a questa Europa a più velocità, classista, subalterna all’atlantismo e alle sue politiche di guerra provando a riequilibrare l’influenza dell’asse neocarolingio della borghesia franco-tedesca con regole che diano un peso proporzionale alle popolazioni e alle culture che in questa Europa ancora albergano? Per ottenere l'obbiettivo di una manifestazione che depositi nel senso comune tutte queste proposte e molte altre, ad esempio contenute nel appello pubblicato il 6 settembre, dobbiamo convintamente costruire comitato unitario. Un comitato che parta dai contenuti mettendo in secondo piano le identità politiche e sindacali e le furberie di chi si dichiara parte del movimento degli indignados e poi sostiene leggi elettorali ultramaggioritarie o di chi balbetta di fronte all’inserimento nell’ art. 81 della Costituzione del rigido pareggio tra entrate e uscite nel bilancio dello Stato.
Gianluca Schiavon Direzione nazionale PRC-FdS
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