Alcune settimane addietro, Fausto Bertinotti, in un articolo su il manifesto, invitava tutti quelli che sono stati in piazza con la Fiom a lavorare insieme. Trovo davvero stridente la proposta di union sacrée avanzata da Vendola rispetto alla necessità, più che condivisibile, lanciata da Bertinotti.
Il punto non è se la candidatura di Rosy Bindi sia autorevole o meno, lo è e credo l’abbiamo pensata in tanti, il punto è come sia concepibile e che relazione c’è tra le lotte di dicembre della Fiom, dei ricercatori precari, degli studenti, della scesa in campo di un’intera generazione, delle donne, con l’ipotesi di un’alleanza elettorale che vada da Fini a Vendola stesso. A mio parere nessuna ed anzi è rischiosa perché tende a far scomparire le soggettività che si sono espresse in questi mesi, le differenze tra chi sta con Marchionne e chi con i lavoratori e con la Fiom, tra chi sta con la Gelmini e chi con gli studenti.
Le 230 piazze del 13 invase dalle donne e dal loro protagonismo sono state eminentemente politiche ed hanno chiesto ai politici di ascoltare; la risposta può essere una coalizione indifferenziata? Quali sono, ragionevolmente, le risposte sul fronte sociale e della cultura politica che una siffatta coalizione potrebbe indicare? Quale nuova narrazione può produrre la cancellazione delle differenze piuttosto che l’insorgenza di queste? Possibile che si ritenga ancora una volta che la risposta stia nei più classici politicismi e non nella ricerca di alleanze e costruzione di senso tra tutti noi che ci siamo ritrovati in quelle piazze e a Marghera con «uniti contro la crisi».
Non interrogano la nostra responsabilità politica quei no al referendum di Marchionne e l’insorgenza generazionale contro la precarietà dell’esistenza? Si può solo partecipare? Mi chiedo perché Vendola ipotizza alleanze che guardino a destra e non invece la costruzione di ipotesi e piattaforme che partendo da sinistra e da chi non è indifferente alle istanze sociali di questa stagione, per aprire nel centro sinistra varchi per la ricerca di soluzioni della crisi a partire dai soggetti più deboli?
Noi come voi che eravamo davanti ai cancelli della Fiat durante il referendum truffa, noi come voi che eravamo nella manifestazione del 14 dicembre e di tutte le altre sui tetti e nelle piazze, noi come voi che partecipiamo a «Uniti contro la crisi», noi come voi che eravamo a Marghera, noi come voi che sosteniamo i referendum per l’acqua pubblica e contro il nucleare, noi come voi che sosteniamo i diritti degli immigrati: dovremmo, appunto, lavorare insieme perché non sarà semplice neppure che queste istanze trovino un adeguato spazio in un programma di centrosinistra, visto che il Pd non ha aderito né partecipato a molte delle iniziative di cui parlo. Davvero è credibile che trovino spazio in un’alleanza elettorale come quella proposta da Nichi, a meno che non si ritenga che si possa mettere tra parentesi la crisi economica, l’aumento della disoccupazione, la precarietà.
C’è l’urgenza di una risposta democratica al decadimento del paese? L’opposizione dovrebbe rispondere alle tante piazze organizzando la sua risposta, che dia segno di ascolto, per questo sarebbe davvero importante indire una manifestazione dell’opposizione nelle celebrazioni dell’unità d’Italia all’insegna dell’unità contrattuale, dell’unità nei diritti nel solco di quell’unità del Paese voluta da Di Vittorio, la Federazione della sinistra ha avanzato l’ipotesi di farla il 17 marzo.
Ritengo non valga la pena di sacrificare la possibilità per la sinistra di ritrovarsi, vista la tanta condivisione che c’è e che si è manifestata in nome di un’alleanza elettorale che va da Fini a Vendola e all’insegna di una riforma elettorale della quale, peraltro, non c’è neppure una traccia di unità di intenti o sul conflitto di interessi di cui il centrosinistra non ha dato buona prova nell’ultimo governo Prodi. Temi di cui non mi sfugge l’importanza ma che tuttavia eludono la questione sociale e l’arretramento culturale del paese.
Rosa Rinaldi
Segreteria Prc
il Manifesto 19.02.2011
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