L’appello uscito nei giorni scorsi a firma, tra gli altri, di Fosco Giannini e Fausto Sorini per la ricostruzione del Partito Comunista richiede una discussione serena, a prescindere dal numero esiguo di quanti hanno prodotto questa ennesima scissione. Non è infatti una novità che questi compagni e compagne esprimessero un dissenso di fondo verso le scelte che Rifondazione Comunista aveva costruito nel corso di un lungo periodo, nonché verso la critica serrata all’esperienza dei Paesi del cosiddetto socialismo reale ed al loro drammatico crollo. Così come non era da loro condivisa la critica allo stalinismo e la riflessione critica su quello che è stato più complessivamente il ’900, con quella “scalata al cielo” rappresentata dalla Rivoluzione d’Ottobre. Non era da loro altresì condivisa una nuova teoria e pratica di rapporto coi movimenti a partire da quello, straordinario, che fu capace di una critica radicale alla globalizzazione neo/liberista e che sfociò nelle grandi giornate di Genova.
Questa elaborazione ha rappresentato il fulcro portante di un faticoso processo per la ricostruzione di una Rifondazione Comunista e non per la riproposizione di un Partito Comunista come pura continuità di una storia del passato. Non è un caso che in quell’appello questi temi siano totalmente rimossi o peggio interpretati come i responsabili della perdita di ogni spinta propulsiva del Partito della Rifondazione Comunista. Io penso esattamente il contrario. La grave crisi capitalistica attuale, che non è un passaggio congiunturale, ma strutturale, così come le lotte che i lavoratori e le lavoratrici stanno sviluppando contro i suoi effetti devastanti, e la nascita di movimenti con caratteristiche nuove rispetto ad esperienze del passato, come nuove soggettività critiche dentro la crisi (basta pensare agli studenti ed ai precari o all’Egitto o alla Tunisia etc.) ci pongono una grande domanda di riprogettazione e ricerca per la riattualizzazione della prospettiva del Socialismo del XXI Secolo.
Certamente dobbiamo ripensare criticamente anche la nostra storia recente, che sarebbe sbagliato intestare a questo o a quello, per non ripetere errori del passato e per sviluppare il progetto e la proposta politica che siamo andati costruendo dal dopo Chianciano ad oggi. Chi ha scelto di proseguire l’esperienza di Rifondazione Comunista lo ha fatto convinto della necessità di riaggiornare e ridefinire il ruolo dei comunisti oggi, e non quello della loro liquidazione. Non perché si pensasse ad una autosufficienza dei comunisti nella costruzione di un processo di trasformazione della società (per affrontare il quale rimane invece fondamentale la formazione di una sinistra di alternativa nella quale viva una contaminazione dei pensieri critici verso la società capitalistica), ma perché convinti che senza un ruolo ed una presenza rinnovata dei comunisti si rischiasse una deriva moderata e subalterna ai processi di governo temperato del capitalismo stesso.
Nello stesso tempo, l’analisi dei processi e dei rapporti di forza reali ci ha portati ad avanzare la proposta di un’alleanza democratica per cacciare Berlusconi e fermare Marchionne. E con altrettanta chiarezza a constatare come non ci siano le condizioni per un programma di governo che segni una reale alternativa programmatica alle politiche europee. La costruzione della Federazione della Sinistra è quindi per noi una scelta strategica, non tattica, che il recente congresso ha concretizzato ed avviato come percorso aperto a tutte le soggettività che vorranno concorrervi e come contributo alla costruzione di una più ampia sinistra di alternativa, così come di una Sinistra unitaria a livello Europeo.
Dentro questo percorso proponiamo un confronto a tutti i comunisti per la ridefinizione di cosa voglia dire essere comunisti oggi, per quale progetto di società. La mia critica all’appello lanciato da Giannini e Sorini riguarda i temi di fondo, non è cioè limitata alla considerazione, ovvia, che non è con le scissioni che si costruisce l’unità, favorendo esse, semmai, il contrario. Il loro progetto si pone nei fatti e nelle argomentazioni come alternativo alla costruzione della Federazione della sinistra ed alla riattualizzazione del processo di una rifondazione comunista. Contemporaneamente, non capisco come una posizione così possa approdare al Pdci che ha fatto con noi ed insieme ad altri la scelta della Federazione della Sinistra. Su questo sono convinto che il portavoce della Federazione stessa istruirà una discussione ed i chiarimenti necessari.
Questa elaborazione ha rappresentato il fulcro portante di un faticoso processo per la ricostruzione di una Rifondazione Comunista e non per la riproposizione di un Partito Comunista come pura continuità di una storia del passato. Non è un caso che in quell’appello questi temi siano totalmente rimossi o peggio interpretati come i responsabili della perdita di ogni spinta propulsiva del Partito della Rifondazione Comunista. Io penso esattamente il contrario. La grave crisi capitalistica attuale, che non è un passaggio congiunturale, ma strutturale, così come le lotte che i lavoratori e le lavoratrici stanno sviluppando contro i suoi effetti devastanti, e la nascita di movimenti con caratteristiche nuove rispetto ad esperienze del passato, come nuove soggettività critiche dentro la crisi (basta pensare agli studenti ed ai precari o all’Egitto o alla Tunisia etc.) ci pongono una grande domanda di riprogettazione e ricerca per la riattualizzazione della prospettiva del Socialismo del XXI Secolo.
Certamente dobbiamo ripensare criticamente anche la nostra storia recente, che sarebbe sbagliato intestare a questo o a quello, per non ripetere errori del passato e per sviluppare il progetto e la proposta politica che siamo andati costruendo dal dopo Chianciano ad oggi. Chi ha scelto di proseguire l’esperienza di Rifondazione Comunista lo ha fatto convinto della necessità di riaggiornare e ridefinire il ruolo dei comunisti oggi, e non quello della loro liquidazione. Non perché si pensasse ad una autosufficienza dei comunisti nella costruzione di un processo di trasformazione della società (per affrontare il quale rimane invece fondamentale la formazione di una sinistra di alternativa nella quale viva una contaminazione dei pensieri critici verso la società capitalistica), ma perché convinti che senza un ruolo ed una presenza rinnovata dei comunisti si rischiasse una deriva moderata e subalterna ai processi di governo temperato del capitalismo stesso.
Nello stesso tempo, l’analisi dei processi e dei rapporti di forza reali ci ha portati ad avanzare la proposta di un’alleanza democratica per cacciare Berlusconi e fermare Marchionne. E con altrettanta chiarezza a constatare come non ci siano le condizioni per un programma di governo che segni una reale alternativa programmatica alle politiche europee. La costruzione della Federazione della Sinistra è quindi per noi una scelta strategica, non tattica, che il recente congresso ha concretizzato ed avviato come percorso aperto a tutte le soggettività che vorranno concorrervi e come contributo alla costruzione di una più ampia sinistra di alternativa, così come di una Sinistra unitaria a livello Europeo.
Dentro questo percorso proponiamo un confronto a tutti i comunisti per la ridefinizione di cosa voglia dire essere comunisti oggi, per quale progetto di società. La mia critica all’appello lanciato da Giannini e Sorini riguarda i temi di fondo, non è cioè limitata alla considerazione, ovvia, che non è con le scissioni che si costruisce l’unità, favorendo esse, semmai, il contrario. Il loro progetto si pone nei fatti e nelle argomentazioni come alternativo alla costruzione della Federazione della sinistra ed alla riattualizzazione del processo di una rifondazione comunista. Contemporaneamente, non capisco come una posizione così possa approdare al Pdci che ha fatto con noi ed insieme ad altri la scelta della Federazione della Sinistra. Su questo sono convinto che il portavoce della Federazione stessa istruirà una discussione ed i chiarimenti necessari.
Augusto Rocchi
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